Ambrosiana
22/07/2022

Tre capolavori dell’Ambrosiana restaurati grazie al programma Restituzioni di Intesa Sanpaolo

Nell’ambito di Restituzioni 2022, programma di salvaguardia e valorizzazione che Intesa Sanpaolo conduce da quasi trent’anni a favore del patrimonio artistico nazionale, sono state restaurate tre opere della Pinacoteca Ambrosiana: La Battaglia di Costantino di Giulio Romano, la Dormitio Virginis del Maestro della Dormitio Virginis Massari e Paesaggio invernale con pattinatori di Barent Avercamp.

Complessivamente sono 87 i nuclei di opere su cui nell’ultimo biennio sono stati realizzati restauri che hanno permesso di restituire i beni alla collettività. Esse sono state selezionate dall’Istituto bancario insieme a 54 enti di tutela (Soprintendenze, Direzioni Regionali Musei e Musei autonomi) e appartenenti a 81 enti proprietari, tra musei pubblici e diocesani, chiese e luoghi di culto, siti archeologici, uno sforzo in cui è stato protagonista tutto il territorio nazionale.

Delle tre opere dell’Ambrosiana restaurate, il Paesaggio invernale con pattinatori si può già ammirare nella sala 13 della Pinacoteca, mentre La Battaglia di Costantino di Giulio Romano e la Dormitio Virginis del Maestro della Dormitio Virginis Massari sono attualmente esposti alle Gallerie d’Italia di Napoli e rientreranno in Ambrosiana a fine settembre

Barent Avercamp
Paesaggio invernale con pattinatori, terzo-quarto decennio del XVII secolo, olio su tavola, 48 × 74,5 cm

Hendrick Avercamp è noto per essere l’ideatore delle scene di paesaggio invernale in Olanda; suo seguace per questa pittura di genere e per lo stile fu il nipote Barent, suo abile imitatore, al punto che per certe opere, come in questo caso, è difficile stabilire a quale dei due sia da attribuire un’opera. La scena ci propone una grande varietà di personaggi, alcuni dei quali resi con grande naturalezza, come ad esempio il pattinatore con le mani dietro la schiena o l’uomo che gioca con una trottola. L’artista utilizza un punto di vista molto ribassato, che consente una veduta piuttosto ampia, e anima lo spazio centrale del fiume ghiacciato e delle sue rive innevate con una varia umanità, ritratta con abilità da miniatore e un pennello sottilissimo, sia nella diversità delle sue occupazioni sia nella varietà degli abbigliamenti. Su tutto prevale però lo straordinario sfogo di cielo, che occupa quasi i due terzi del dipinto, attraversato da nuvole perlacee e acceso da tonalità rosate all’orizzonte, ottenute per velature di grande trasparenza. Prima del recente restauro la tavola presentava numerose piccole ridipinture, generalmente molto localizzate, in particolare in corrispondenza dell’asse centrale, nascoste sotto due strati di vernici e ulteriori patinature circoscritte, che avevano prodotto un generale inscurimento dei toni e tolto luminosità alla scena. Le prime due opere sono attualmente esposte, fino al 25 settembre, alla mostra “La Fragilità e la Forza” alle Gallerie d’Italia a Napoli mentre Paesaggio invernale con pattinatori di Barent Avercamp è già rientrato alla Pinacoteca Ambrosiana e visibile nella sala 13. A fine settembre, al rientro alla Pinacoteca Ambrosiana dell’opera “la battaglia di Costantino” di Giulio Romano sarà allestito uno spazio espositivo che ne valorizzi il restauro e la presenza all’interno della collezione.

Giulio Romano
La battaglia di Costantino, 1520 circa, carboncino, ocra e biacca su carta bianca vergata 100×300 cm

Lo studio preparatorio su carta noto già in passato come “una battaglia di Giulio Romano”, per l’affresco commissionato da papa Leone X della Sala di Costantino, rappresenta uno strumento di indagine del lavoro dell’artista di grande interesse. Il frammento del cartone, di cui il restauro ha consentito un’inedita lettura di tutti i valori disegnativi e chiaroscurali, venne impiegato per affrescare il gruppo di soldati che, nella composizione, sono distribuiti a destra della figura di Costantino fino alla corrispondenza del Ponte Milvio. Molto chiaramente il cartone venne realizzato secondo un puntuale riscontro degli studiosi, proprio con il modello raffaellesco del Louvre della Battaglia di Costantino reinterpretato radicalmente da Giulio Romano dotando le figure di un’inedita naturalistica robustezza delle fisionomie ed estrema tensione compositiva ed espressiva, non senza significative variazioni. Attraverso lo studio e il restauro per il progetto Restituzioni è reso più consapevole il processo di trasferimento ad affresco sulla parete della sala che fa emergere, con grande evidenza, come l’acuta tensione compositiva ed espressiva rilevata dal disegno del cartone, sia penalizzata dalla stesura appesantita delle pennellate con cui il cartone viene tradotto sul muro, che privilegia piuttosto la spettacolarità e la teatralità, tenendo conto delle dimensioni dell’opera.

Maestro della Dormitio Virginis Massari
Dormitio Virginis, nono decennio del XV secolo, tecnica mista, oro su tavola, 810 × 2450 mm

La grande tavola è uno dei pezzi più enigmatici della produzione ferrarese del Rinascimento. Attribuita al cosiddetto “Maestro della Dormitio Virginis Massari”, attivo a Ferrara alla fine del secolo XV, rappresenta la Vergine che si è addormentata nel sonno della morte (di qui il termine tradizionale di “dormizione”) e la sua assunzione nella gloria, così come è narrata nei vangeli apocrifi ed è stata recepita nella tradizione delle Chiese orientali. I dodici apostoli si affollano intorno al cataletto ove giace la Madonna appena morta, impegnati in una celebrazione liturgica, sullo sfondo di un cielo dorato, abbagliante di luce, che allude al momento dell’incontro con Cristo; molti dei personaggi sono identificabili grazie ai testi apocrifi che narrano l’episodio, compresi i due angeli Michele e Gabriele in primo piano. Dal punto di vista dello stile, gli elementi di cultura ferrarese (che rimandano soprattutto a Tura e Cossa) non paiono risolvere in toto la complessità del linguaggio del maestro, che mostra una componente padovano-squarcionesca, forse legata alla sua formazione giovanile (soprattutto se è da identificare, come si propone prudentemente, con il miniatore noto come “Maestro delle Sette Virtù”), arricchita dalla possibile conoscenza di opere dei Canozi da Lendinara, il tutto declinato con una perspicuità di segno in debito col mondo fiammingo

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